Ghe la femo...
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Autore: Luca
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Si chiude male, purtroppo, l’avventura di Mandorlini sulla panchina gialloblu durata 5 anni.
5 anni partiti dall’inferno dei bassifondi della vecchia serie C, un bellissimo anno di purgatorio (se vogliamo chiamarlo così) nella parte alta della classifica di B (il Verona più bello di tutti e 5 gli anni a mio avviso), un altro vissuto da protagonisti con la ciliegina finale del ritorno in A. Quella del ritorno nella massima serie, bastonando il Milan alla prima giornata, è stata senza dubbio la più bella, entusiasmo a mille, campioni che ti fanno vincere le partite (Toni, Iturbe, Jorginho, Romulo), l’Europa sfiorata e la consapevolezza che finalmente siamo tornati dove dovevamo essere.
A livello tattico è però stato un Verona diverso fin da subito in A, completamente diverso da quello propositivo ed “alto” visto gli anni prima.
Ormai tutti mi conoscete e vi ho fatto in questi 3 anni una testa grossa come una casa sul fatto che non mi piaceva l’impronta iper difensivista della squadra, tutti in area a farsi prendere a pallonate. C’è il fatto, oggettivo, che nonostante abbiamo preso una montagna di gol, ne abbiamo anche segnati tanti, grazie a dei fenomeni delle ripartenze quali Romulo, Iturbe e, da gennaio, Marquinho. Il grandissimo finalizzatore dal numero 9 poi ci ha messo del suo e ha fraccato come pochi.
Per gli amanti del gioco (non necessariamente bello) come il rompipalle del sottoscritto non era un Verona così entusiasmante, anche se i risultati davano ragione al mister.
E così eccoci al secondo anno di A, dove il gioco non è cambiato, ma non avevamo più nessuno di quei 3 fulmini nelle ripartenze. Abbiamo fatto tanta fatica, ma quel fenomeno dal numero 9 ci ha praticamente salvati da solo con i suoi gol. I nodi stavano però pian piano arrivando al pettine, e quelli che non volevano vedersi sempre schiacciati nella propria area erano sempre di più. Ma i risultati parlavano ancora per il mister, il quale cocciuto com’è non ha mai provato a far nulla per essere un po’ meno prevedibile e un po’ più propositivo.
Poi l’estate scorsa, qualche ruggine negli ingranaggi societari che fa saltare due teste, quella di Sogliano e quella di Bordin. Arriva Bigon che, a quanto si leggeva, avrebbe fatto un mercato più mirato nel quale anche Mandorlini avrebbe avuto voce in capitolo.
Arrivano Pazzini e Viviani, un nome altisonante ed uno di grande prospettiva, tutti contenti perché il problema della fase difensiva era Bordin che è stato cacciato. Grande stagione quest’anno, si diceva, e nuovo Verona come idea di gioco.
Partenza col botto, grande match con la Roma dove hai corso tanto, hai pressato alto per 70 minuti, hai fermato una corazzata e rischiato di vincere, vittoria non arrivata, ma che sarebbe stata meritata ai punti.
Poi Genoa, pessima prestazione ed involuzione generale: incidente di percorso si diceva, ci può stare.
Torino in casa, e altra partita dal primo tempo dominato ma senza gol. Toro che non ha mai passato la metà campo, e che è uscito quando noi siamo calati al 60esimo. Quella partita mi ha fatto sognare l’europa, perché avevo visto un Verona davvero diverso dagli anni precedenti, come avevano promesso che sarebbe stato.
E invece da lì è iniziata la lenta ed inesorabile caduta del Verona e di Mandorlini. Un Mandorlini sempre più chiuso nelle sue malsane idee di difendersi in area, come gli anni prima (non era colpa di Bordin?), ma senza frecce con cui ripartire in contropiede. Infortuni a raffica, giocatori che passeggiano, ammonizioni ed espulsioni gratuite, NESSUNA partita giocata col cuore, NESSUNA.
Si vedeva lontano 50 km che “certi” giocatori (quelli di Sogliano?) non correvano e tiravano indietro la gamba, ma dalla società si affrettavano a ribadire che la squadra era TUTTA con Mandorlini e che ne saremmo usciti.
Poi, con 2 mesi di ritardo, dopo la batosta di Frosinone la scelta. Mandorlini esonerato.
Dispiace per l’uomo Mandorlini (attaccatissimo ai nostri colori), ma il professionista probabilmente ha dei limiti. Limiti che stanno portando giù il nostro Verona, che è la SOLA cosa che per noi conta: quindi giusto cambiare
Arriva quindi Del Neri. Sì, proprio il Del Neri di quel bel chievo che giocava sulle fasce, che attaccava come un pazzo, che giocava con una difesa altissima (perché se tieni gli avversari più lontani dalla porta becchi meno gol… AZZ CHE ILLUMINAZIONE!). Quello del 442 quadrato e propositivo, quello che ha anche sbagliato delle stagioni, ma è anche quello che i giocatori li fa correre.
Sul mercato, probabilmente, non ce n’erano molti disposti a venire al Verona in queste condizioni (e alle condizioni della società), ma personalmente penso che la scelta non sia così male.
Io sono certo che possiamo uscirne, se la buonasorte ci dà una mano a livello di recupero infortuni, giocando al pallone come spero possa fare Del Neri, con il suo gioco sulle fasce e palla in mezzo, con la coppia Toni Pazzini là in mezzo… Sì, dai, sì che ghe la femo!
Ghe la femo!
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